scultura

simulacri muliebri in evidenza
MASSIMO GUASTELLA

[...] Continua l'avventura di Biondi! Non si passa sotto silenzio che già da qualche tempo brigasse per un approdo plastico della sua creatività; aveva tentato tale strada per via di togliere, usando il marmo. Lavori appena sperimentati. Neppure si tace che l'incontro con l'opera di Segal, alla mostra del '99, tenutasi a Brindisi, e poi la retrospettiva romana (2002), abbia avuto l'effetto di sprone, da sancire un amore esplicito:. "George on my mind", verrebbe da dire parafrasando una nota canzone di Ray Charles. Biondi non solo ha nella mente le opere più significative di George Segal, ma ne studia e mutua gli aspetti tecnico-materici, adoperando i "celloni", bende gessate ad uso ortopedico.
La soluzione dei calchi ingessati, di Segal, gli ha suggerito come procedere direttamente con le mani, le dita, per modellare le forme, per dare rilievo alle sue idee. Non che voglia rinunciare al mestiere di pittore, di maneggiare pennelli intrisi di paste; le più note protagoniste/mito del '900 o le stereotipate bellezze che appaiono sulle stampe di riviste patinate, soggetti focalizzati in gran parte delle sue recenti produzioni bidimensionali, ne cercano ora la terza: divengono statue di una continua narrazione che non conosce soste o soluzioni di continuità. Non sono sagome canoniche, sono imbalsamazioni gesso se di donne comuni dalle sembianze esteriori anche piuttosto rozze. Icone muliebri, cristallizzate, in un gesto, una postura. Nessuna rinuncia al colorismo di derivazione pittorica, che si combina ora al progetto plastico: superfici tinteggiate con coevi colori svianti, giallo come un pennarello evidenziatore, un fucsia saturo, il giallo azzardato a coronamento di un viola, accostamenti tra primari, rossi su blu, simbolici e fittiziamente preziosi oro e argento. La gamma cromatica sortisce l'effetto di spersonalizzare le modelle, per elevarle a rappresentazioni metaforiche di quell'umanità che vive agli esordi del Terzo Millennio; ovvero simulacri dell'immaginario contemporaneo. Nulla di inedito. Non lo erano finanche le opere di Segal, Klein, Manzoni - tra anni Sessanta e Settanta - e così via sino alle installazioni metropolitane di un John Ahearn; poiché tra citazioni e rimandi, tutte quelle esperienze risalivano ai modi primitivi, arcaici, di una imitazione diretta del corpo umano. Così in Biondi. Lui si prefigge la riproduzione immediata dell'immagine corporale femminile. Il calco o l'impronta in bende gessate segnano un passaggio transitorio di un'entità fisica nel tempo, fissata a memoria. L'intera produzione di Biondi, dagli anni Settanta e fin qui, si connota per aver scelto di porre la memoria al centro del suo lavoro artistico. Artista colto come pochi, è disposto a rinnovare le indagini formali e linguistico-espressive, procedurali e materiche, purché rivelino le potenzialità comunicative della ricerca. Per esigenze di confronto e filologiche, padri, la critica, gliene ha scovati già molti, forse troppi e di troppo. Nessun padre o molti padri; ma com'è certo una sola, inalienabile madre: la ricerca.